Amici i nostri padri, amici noi.
189 anni di fratellanza
Questa mattina un amico di Napoli porta la famosa polacca aversana di una nota pasticceria di Frattamaggiore.
Stasera ore 19, a San Giorgio la Molara, Trattoria De Cicco, chef Rosetta Paradiso, già si testava la replica.
Nel panorama delle feste proposte, più o meno, da tutti i paesi del circondario, “Austo a’ la terra”, che si tiene all’Apparuta, a San Giorgio la Molara, vive di un fascino proprio che rende questa manifestazione, secondo me, unica.
L’Apparuta è un angolo di paese oltremodo suggestivo, appartato ed elegante, romantico nel suo alternarsi di case abitate ed edifici vuoti che trasudano storie ed emozioni dai mattoni consumati dal tempo ed anche, un poco, dall’abbandono.
La Festa coniuga la riproposizione di pietanze con spiccata appartenenza al territorio, con un intrattenimento musicale di qualità, con un dj set per andare over, con un apprezzato angolo culturale dove c’è stata la presentazione di un libro che ha visto protagonisti, nel ruolo di padroni di casa, due giovanissimi sangiorgesi, alla faccia di tutti i tromboni che normalmente “occupano” questi spazi e che parlano più che altro per loro stessi e per il piacere di ascoltarsi.
Il tutto infiocchettato da una scenografia di effetto ma non plateale, raffinata e non kitsch, perfetto compendio del luogo e dell’idea di manifestazione.
Bravi i ragazzi della ProLoco, bravissimi Francesca Morganella e Francesco Fragnito per la presentazione del libro ed encomiabili Lea Modola ed Antonio Giordano per l’allestimento.
Ci stiamo deindustrializzando.
Vivendo nella provincia di Torino la radiografia è di più facile lettura, non sfugge il percepito progressivo disinteresse dell’azienda produttrice di automobili che ha dirottato le produzioni in altre nazioni più convenienti dal punto di vista del costo del lavoro.
Negli anni ’70, a Mirafiori, la Fiat contava quasi 70mila dipendenti, oggi lo stabilimento ne conta meno di 10mila (dati reperiti on-line). Il calo della produzione riverbera, ovviamente, anche sull’indotto, stremato dalla mancanza di ordini e dalle politiche al ribasso degli uffici acquisti. (In chiusura di questo preambolo esprimo i miei dubbi circa il modello “elettrico”, non sono convinto che sia la soluzione definitiva ed, anzi, penso che la via intrapresa convintamente da Toyota sull’idrogeno possa rappresentare un’opzione molto interessante).
Per ridare nerbo all’occupazione nel nostro paese punterei con decisione sulla piccola e media impresa, agile e flessibile, che ritengo possa essere un comparto che, ben disciplinato, potrebbe anche aumentare il valore aggiunto per i lavoratori. Bisogna stabilire convintamente le regole, passando da una sensata legge sul salario minimo, ad un’attenzione aumentata su orari e carichi di lavoro da rendere compatibili con le esigenze dei lavoratori. Una PMI dove anche lo stato investe con la diminuzione del cuneo fiscale e dove gli imprenditori cercano il giusto equilibrio tra profitto e benessere dei lavoratori, sarebbe un modello produttivo ed anche culturale che potrebbe risollevare le sorti di un paese che necessita di una svolta.
Mi piace pensare ad un generazione di piccoli imprenditori forgiati sul modello di Adriano Olivetti, il quale “aveva compreso come il mondo del lavoro andasse inquadrato senz’altro in un ruolo forte, ma in un contesto più organico. Aveva, ad esempio, capito fino a che punto la vivibilità del contesto lavorativo dovesse giocare una parte fondamentale di quanto oggi la comunità scientifica identifica nel più ampio concetto di qualità della vita”
Un’immagine tratta dal libro “Il canto della fabbrica”, Mondadori (Bettmann / Getty Images)
Mi chiamo Alberto Scarino e questo è il mio sito personale.
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