MIRAFIORI: Cuniberti; Giangregorio, D’Ambrosio; Bresolin, Pagnoni, Magnati; Barbera, Torre, Alfano (35′ s.t. Vasta), Migliore (45’s.t. Kpokpa), La Saponara (38′ s.t. Lancianese). 12 Simeone 13 Sofi 14 Cavallaro 16 Grillo 17 Scibetta 18 Labella. All. Caprì

SANGIACOMO CHIERI: Gilardi; Bechis, Rimedio (37′ s.t. Petraglia); Romano, Balan, Parrino; Perrone, Veglia (34′ s.t. Bertelli), Massera (14′ s.t. Presta), De Grandis, Vergnano (27’s.t. Olivero). 12 Catana 13 Cannizzaro 14 Scaturro 17 Anselmi 19 Cosola. All. Migliore.

TERNA: Marinotto di Ivrea (Salhi di Chivasso e Cencio di Torino)
RETI: 6′ Perrone, 22′ D’Ambrosio.

TORINO – Incompiuta. Il Sangiacomo Chieri avrebbe voluto farsi corsaro sul campo del Mirafiori ma la bandiera pirata restava a mezz’asta. Il pareggio (1 a 1) non accontenta forse nessuna delle due squadre, entrambe in attesa della prima vittoria in campionato. Se fosse un incontro di boxe, per quanto attiene il tabellino delle conclusioni, avrebbero avuto la meglio i padroni di casa più intraprendenti e con una maggiore predisposizione alla conclusione.
L’inerzia del gioco è stata invece per lunghi tratti in mano dei leoncini chieresi, il cui impatto sulla gara sarebbe certamente più utilitaristico se riuscissero a trovare la profondità ed attaccassero con maggiore convinzione gli ultimi sedici metri.
Pronti via ed al 4’ Perrone faceva le prove con una conclusione che sorvolava la traversa e metteva i titoli di coda ad un’azione molto ben congegnata.
Al 6’ Bechis, tra i più carburati nelle fila della squadra di Migliore, indirizzava da destra verso sinistra dove ancora Perrone, con una spingardata potente, seppure non troppo angolata, costringeva l’estremo di casa a chinarsi per raccogliere la sfera a spicchi sul fondo della rete: 0 a 1.
Sull’onda lunga della segnatura i leoncini tenevano botta per almeno un quarto d’ora. Funzionavano le distanze tra i reparti e la ricerca del gioco “corto” riusciva a disinnescare la veemenza dei padroni di casa.
Il cambio di passo e l’aumento del ritmo dei metropolitani faceva saltare il disegno tattico di Parrino e compagni che, con il passare dei minuti, andavano in sofferenza.
Gilardi, efficace tra i pali e nell’area piccola, si esibiva in un mezzo miracolo prima di capitolare, al 22’, quando D’Ambrosio era il più lesto di tutti a correggere in rete, sull’ennesima percussione dei padroni di casa.
I leoncini chieresi, in questa fase, si disunivano, soprattutto in mezzo al campo, dove gli interpreti rinculavano senza riuscire a fare filtro e senza trovare le opportunità per rendersi proattivo in fase di reimpostazione della manovra.
Il Mirafiori cercava di sfruttare l’onda lunga del grande sforzo, innanzitutto di energie fisiche, ma il tentativo di tsunami innescato da una punizione di Barbera, deviata in barriera, si afflosciava poco lontano dal palo.
Un giro di lancette dopo la mezz’ora Migliore, il giocatore del Mirafiori omonimo del mister chierese, con una calibratissima punizione colpiva il palo, sulla respinta La Saponara provava in ben due occasioni ad uccellare Gilardi che, con due interventi di incredibile reattività e tecnica, gli negava la citazione nella casella dei marcatori.
Il team chierese era alle corde, chiuso nell’angolo, sempre per usare la metafora pugilistica ma veniva salvato dalla campanella che sentenziava la fine della prima frazione di gioco.
Le parole nello spogliatoio di “Chico” Migliore probabilmente stimolavano le menti e davano ispirazione ai bianchi leoncini che entravano in campo con un’altra determinazione.
Al 5’ Rimedio crossava per Massera che impattava indirizzando fuori dallo specchio della porta. C’erano nuovamente segnali di vita nell’area dei torinesi il cui pressing scemava con il passare dei minuti, dando fiato ed idee alla manovra dei chieresi. Si vedeva in tanti piccoli particolari la “mano” del mister. Nella gestione del possesso palla, nella ricerca del gioco “corto” e di un fraseggio non finalizzato a se stesso, nella messa in opera di alcuni meccanismi e sincronismi provati e riprovati in allenamento.
La seconda parte della gara dei chieresi era abbastanza di questo ma nello storytelling di questa frazione le grandi assenti erano le finalizzazioni, che dopo l’infortunio patito da Massera (sospetta distorsione alla caviglia) perdevano un importante terminale.
Scorrevano i titoli di coda e tra un frame e l’altro restavano alcune convinzioni. I chieresi hanno intrapreso un cammino che può dare grandi soddisfazioni. Migliore ha ancora parecchio lavoro da fare per instillare il suo credo calcistico. In mezzo al campo ci sono meccanismi da lubrificare.
Sui singoli. Balan, atteso nel ruolo di centrale, si è disimpegnato cercando di fare il metronomo e l’ispiratore con cambi di gioco significativi, ma dai suoi piedi debbono partire opportunità (leggasi imbucate) verticali che possano mettere le ali ad un Massera praticamente mai servito dai compagni e sfruttato per le sue caratteristiche. Romano ha dato una grande sensazione di concretezza. Capitan Parrino trasmette le consuete sicurezze. Bechis è una piacevolissima sorpresa (per chi non lo conosceva).

Alberto Scarino

Promozione|Coppa Piemonte Gir. 28
Trofarello-Sangiacomo Chieri 1-1
TROFARELLO: Migliore; Marzano (5’s.t. Devoto), Macario; Caldara, Giordano (21’ s.t. Patitucci), Sanarico; Romano, Fiore (14’ s.t. Petiti), La Morte (33’ s.t. Ranieri); Savasta, Aadaouiu (5’ s.t. Mainardi). 12 Franceschini 13 De Nittis 15 Betti 18 Ossi. All. Davide Abbienti.
SANGIACOMO CHIERI: Gilardi; Bai (20’s.t. Sollazzo), Rimedio; Romano, Parrino, Berrone; Vergnano (3’ s.t. Balan), Veglia (15’ s.t. Cosola) , Massera (25’ s.t. Velardita), De Grandis, Di Gregorio (14’ s.t. Presta). 12 Besuzzo 13 Cannizzaro 15 Olivero 17 Anselmi. All. Enrico Migliore
TERNA: Iorio di Torino (Crispino e Maiolo di Torino).
RETI: 10’ Massera (rig.), 21’ s.t. Lamorte (rig.)
NOTE: giornata afosa, tribunette del “Valentino Mazzola” affollate. Nella ripresa si recuperavano 7’. Terreno di gioco in condizioni ottime.
TROFARELLO – La meglio gioventù, in campo e fuori. Trofarello-Sangiacomo (1-1) sta diventando un appuntamento classico per l’ouverture di entrambe le compagini. Fu così l’anno passato ed è stato così in questa stagione. Ambizioni, speranze, emozioni tutto in un frullatore che in novanta minuti ha già trasmesso delle suggestioni. Entrambe le squadre sono molto rinnovate. Per i biancorossi -del confermato Abbienti- il maquillage è stato particolarmente invasivo, pure per la perdita -per infortunio- di Tonso e Tosatto che vedranno l’alba nel 2020 e per il “riposo” che si è preso capitan Arlorio che non ha ancora sciolto le riserve circa la sua disponibilità.
Tra i leoncini chieresi si tratta di un vero e proprio nuovo corso, orchestrato da Alberto Veglia dietro la scrivania e da Enrico “Chico” Migliore sul rettangolo di gioco. La ventata di novità ha riguardato ben 11 dei 20 giocatori che sono stati schierati dal coach chierese.
“La meglio gioventù” riguarda anche i due trainer, emergenti e destinati a lasciare un segno. In realtà Abbienti si è già parzialmente consacrato nella passata stagione, guidando i trofarellesi ad una salvezza senza patemi. Per Migliore, allenatore di lungo corso nelle squadre giovanili, è un esordio, ma non un salto nel vuoto, visto il curriculum da pedatore prima e da mister poi, che non può che trasmettere certezze.
Il risultato di “rigore” (1-1) è sostanzialmente giusto. All’inizio schieramenti speculari: linea a quattro in difesa, centrocampo a tre ed attacco con due esterni ed un fromboliere centrale per entrambe le compagini.
Partivano meglio i leoncini che dopo 10’ passavano a condurre. Rimedio sradicava la palla ad un avversario, guadagnava campo ed indirizzava dalla parte opposta dove De Grandis si avventava con coraggio sulla sfera a spicchi ma veniva steso da Migliore. Dagli 11 metri Massera trasformava il penalty. I chieresi macinavano gioco con la giusta distanza tra i reparti, con una buona gamba e con alcune idee frutto di schemi provati in allenamento.
Al 18’ Di Gregorio scaldava le mani ad un Migliore di nero vestito. Al 25’ era la volta di Vergnano, la cui conclusione era fuori dallo specchio della porta ed al 36’ ed al 43’ era ancora Di Gregorio a non capitalizzare due occasioni che avrebbero meritato miglior epilogo.
I biancorossi andavano fuori giri soprattutto nella catena di destra. Giordano e Romano non riuscivano a trovare le giuste distanze. Nnon si sincronizzavano in maniera efficace i movimenti tra gli interni di centrocampo e gli esterni offensivi. A molte difficoltà andavano incontro i padroni di casa nell’attuare le transizioni negative che, molte volte, li vedevano soccombere.
Nonostante ciò, al 45’, solo un immenso Gilardi negava a Macario la segnatura sugli sviluppi di un calcio d’angolo che il talentuoso difensore di casa indirizzava a rete con uno stacco imperioso che l’estremo chierese salvava con un miracolo.
Nella ripresa Abbienti rimescolava le carte e con il passare dei minuti si vedeva si assisteva alla recita di un altro Trofarello. Mainardi aiutava La Morte a sgomitare tra le maglie difensive chieresi, Devoto dava nerbo e consistenza alla fascia destra, Patitucci aumentava i giri ed aggiungeva fosforo al centrocampo trofarellese.
Complice un calo, anche fisico dei chieresi, dopo l’ora di gioco i biancorossi salivano in cattedra. Toccava al neo capitano Andrea Romano testare la consistenza di un monumentale Gilardi con una punizione liftata. Al 20’, un’ingenuità di Bai premiava la caparbietà di Lamorte nel cercare la massima punizione che l’arbitro giustamente concedeva. Dagli undici metri El Pistolero timbrava e poi esultava come nel suo stile. Ancora Romano, ancora su punizione (31’) e poi Patitucci (con una conclusione di lunga gittata) provavano ad impensierire un ineffabile Gilardi.
“Dobbiamo lavorare sull’amalgama -diceva Enrico Migliore, il primo a presentarsi per le interviste- siamo molto nuovi ed abbiamo tanto da imparare. Abbiamo una rosa con punti fermi e giovani con un bagaglio importante. Abbiamo diminuito la nostra intensità dopo un’ora di gioco ed abbiamo consentito al Trofarello di rendersi pericoloso. Mi è piaciuto molto lo spirito dei ragazzi e la loro capacità di combattere. Sono comunque soddisfatto, abbiamo la necessità di lavorare molto per creare i giusti automatismi.”
Soddisfazione anche sul versante opposto, dove “Il Comandante“ Abbienti per alcuni versi cita Migliore: “E’ ovvio che ci siano delle situazioni tattiche e di gioco da migliorare e lo potremo fare solo con un grande applicazione durante la settimana, durante gli allenamenti. Ho apprezzato molto la voglia di cercare il pareggio, dopo aver concesso un tempo abbondante. Abbiamo nelle gambe due settimane di lavoro con carichi molto importanti che, una volta smaltiti, ci consentiranno di avere maggiore brillantezza. Per il momento sono soddisfatto, è stato un buon inizio.”

C’è un po’ di Trofarello nel Torino di Mazzarri che, a Bormio, ha iniziato la nuova stagione. Tra i ragazzi che si stanno allenando agli ordini del mister livornese c’è anche un millennial lungagnone: Lorenzo Lucca.
Il giovane talento granata ha il nonno materno, Gianni Cavallo, residente da sempre a Trofarello, da quando abbandonò l’amata Puglia. E’ stato anch’egli calciatore, seppure in categorie più modeste ed adesso -pensionato- è attivo in alcune associazioni come volontario.

Da ToroNews
Attaccante di 18 anni, volto nuovo soltanto a metà per gli appassionati, visto che l’ex Brescia è tenuto sotto controllo dal Torino da diverso tempo nonostante le ultime tre stagioni passate lontane dalla Mole.
IDENTIKIT – Nato a Moncalieri, il 10 settembre 2000, Lucca inizia a giocare sin da giovanissimo nel settore giovanile del Torino dove trascorre poco più di otto anni. Poi tanti prestiti, in attesa di una maturazione definitiva: prima all’Atletico Torino dove fa subito intravedere doti importanti. Poi, dopo le ottime prestazioni, due estati fa arriva la chiamata del Vicenza; dove diventa punto di riferimento della categoria Berretti e trova persino l’esordio tra i professionisti a 17 anni contro la Sambenedettese. Poi, come detto, l’esperienza nella Primavera del Brescia (campionato Primavera 2A) con la quale Lucca ha segnato 16 gol in 18 partite, conquistando persino la convocazione di Corini in prima squadra. Il classe 2000 è un attaccante d’area di rigore, dotato di un fisico possente e che – per caratteristiche – nel corso dell’ultima stagione in quel di Brescia è stato spesso paragonato ad Andrea Caracciolo.
FUTURO – Il Brescia lo avrebbe trattenuto molto volentieri in Lombardia ma il Torino, visti gli ottimi risultati ottenuti negli ultimi anni, ha voluto riportare il ragazzo alla base per valutarlo più da vicino e decidere insieme a lui il suo futuro. Come detto, per il momento, Lucca si sta allenando agli ordini di Walter Mazzarri: una bella occasione per apprendere nuovi dettami tattici e crescere ancora dal punto di vista tecnico. Il futuro però è ancora tutto da valutare.
Le soluzioni potrebbero essere due: un nuovo prestito o la permanenza in Primavera, adesso allenata da Marco Sesia, dove avrebbe modo di dare il suo contributo come fuoriquota. Sullo sfondo la grande opportunità che potrebbe concedergli il Torino: far parte del gruppo della prima squadra nella prima fase di ritiro, poi si vedrà.

Ho sentito e letto almeno un centinaio di commenti riferiti alla decisione di Totti di abbandonare la Roma.
Vi sono più aspetti sui quali dissertare.
Il primo, molto pratico, si è dimesso. In una nazione dove il collante per le sedie è un grande business, l’ex Pupone ha rinunciato ai soldi. Pecunia vera, tanta. Si dirà che non ne ha bisogno. Certo. Ricordo però che il vile denaro, si racconta, resta attaccato anche alle mani dei santi.
Secondo aspetto. Poteva fare finta di nulla. Continuare a fare da paravento ad una società che, negli ultimi anni, non ha avuto trovato la fortuna nelle scelte che ha fatto. Non è stato e non è voluto diventare ipocrita nei confronti di chi, negli anni, lo ha fatto diventare l’ottavo Re di Roma. Francesco non ha voluto perculare i tifosi. Perché il calcio è di chi lo segue, di chi tifa, di chi spende per comprare i biglietti per lo stadio e le maglie dei propri idoli.
Terzo aspetto: l’orgoglio di un campione. Essere fenomeno sul rettangolo di gioco non vuole dire esserlo -automaticamente- dietro ad una scrivania. Ha fondamento questa affermazione. Ma essere stato uno dei migliori giocatori italiani è sicuramente un ottimo viatico, non fosse altro per tutte le relazioni che Totti può avere ed uno sconosciuto no. Ovviamente per dimostrare un’attitudine bisogna essere messi nelle condizioni di provare.
Chiosa. In un mondo, quello dell’informazione sportiva, ammantato di frasi fatte, di paura di sostenere delle tesi, fors’anche di codardia, Francesco Totti ha dato una grandissima lezione. Bisogna smettere di tacere. Di compiacere al limite della connivenza.
Un grandissimo gol la sua intervista. Come quelli che faceva sul campo.
Alla faccia dei soloni del calcio e di una parte della stampa che gli ha rinfacciato tanta sincerità.
Tante volte ha fatto perdere i congiuntivi, questa volta ha vinto lo scudetto dell’onestà intellettuale.
Una bandiera che non sventola dove tira il vento.

#InPuntaDiPenna
Questa finale di Champions è la certificazione di una svolta (che per altro avviene ciclicamente).
Il calcio muscolare ha di nuovo il sopravvento sulla tecnica e sulla qualità.
A mio, modestissimo, parere è dovuto ad una conclamata mancanza di talento e talenti, generalizzata in Europa.. Ma lo si potrebbe argomentare anche con un evoluzione della tattica, che non premia chi gioca di fino.
Come è successo nei decenni precedenti è il momento delle squadre panzer. Con una differenza. Nel loro essere fisici Liverpool e Tottenham sono pure qualitative tecnicamente, anche se in proporzione minore. Quindi siamo di fronte, anche, ad una evoluzione della specie.

Sul fronte italiano il gap da recuperare è enorme. Non abbiamo squadre che possono competere per la forza fisica. Non abbiamo squadre che possono competere per la cifra tecnica.
La stessa Juventus ha un deficit in entrambi gli aspetti.
L’Europa non ci ama. E soprattutto non ci premia.