A circa 24 ore dal match con la Roma, anziché stemperarsi ed affievolirsi, la sensazione “dell’impresa” si perimetra con maggiore precisione alla luce di varie, sparpagliate, considerazioni.
La Strega, sulla carta, non ha un organico che -in termini di pedigree- si possa paragonare, ad esempio, a quello del Cagliari, che pure precede. Ai piedi della dormiente non dimorano maestri pedatori del calibro di Godin, Nainggolan, Asamoah, Rugani, Rog che pure hanno calcato scene di competizioni europee.
Sulla panchina della Strega c’è un coach che si è dovuto reinventare, dopo un esordio che pareva spianato (nel Milan) e districare in un saliscendi da montagne russe che lo ha portato dalle stelle (Venezia) alle stalle (Bologna) sino ad approdare in una specie di luogo del cuore: Benevento.
I giallorossi hanno una storia di tanta gavetta, nobilitata da tre anni di B e da due anni in A, questo compreso.
Eppure, fatto tutto salvo, ad oggi sarebbero salvi e si sono tolti la soddisfazione (tra le altre) di espugnare Firenze, far segnare il passo alla Signora ed inchiodare alla spartizione della posta la Roma.
Qual è la formula magica?
La pietra filosofale secondo gli alchimisti era un amuleto capace di tramutare i metalli in oro, o di produrre l’elisir di lunga vita.
Il presidentissimo Vigorito, Pasquale Foggia e “SuperPippo” Inzaghi hanno sicuramente tramutato in arte pedatoria di buon livello il materiale umano a loro disposizione, scegliendo con oculatezza i rinforzi nella transizione tra la passata e l’attuale stagione. Il loro elisir di lunga vita, la forza del gruppo, si è cristallizzato ieri sera nell’abbraccio di Ionita ad un Foulon, che dopo la mancata assegnazione della massima punizione ed il triplice fischio si abbandonava ad un pianto catartico e liberatorio.
Arriveranno vittorie, sconfitte e pareggi, muteranno gli stati d’animo, ma quello che la Strega sta incarnando, con l’avvento di Pippo Inzaghi, è un progetto di sistema “squadra-società”.

BuonBeneventoAtutti comunque andrà, per me, è già un successo

💛❤️💛
Un milione di aggettivi non potrebbero qualificare l’impresa eroica dei giocatori della Strega.
Di questi tempi parlare di eroismo, attribuendolo ad un semplice match calcistico, potrebbe sembrare esagerato ma contestualizzando nella giusta dimensione quella degli uomini di SuperPippo è impresa da iscriversi nelle pagine del grande libro della storia di questa squadra (e forse anche di questa città, che dai risultati dei suoi paladini calcistici sta traendo grandi benefici).
Un punto che ne vale tre: per il morale, per l’autostima, per la prospettiva.
L’efficacia del dispositivo difensivo si è coniugata con la grandissima disponibilità al sacrificio di una formazione che è squadra, gruppo, un corpo unico.
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Il derby dei giallorossi finisce in pareggio, ma ha un vincitore morale: i beneventani.
Grazie Strega per le emozioni che ci fai vivere.
💛❤️💛 #BuonBeneventoATutti

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Premetto, non sono un sociologo, quindi mi limito ad una considerazione non avvalorata da studi specifici. La percezione, lo dico presuntuosamente, più corretta di quello che sta facendo il Benevento Calcio la ha chi nel Sannio non risiede. Come diceva un altro “tifoso non residente”, in alcune pagine facebook che trattano la materia calcistica, fino a qualche anno fa l’esatto posizionamento geografico della città sannita era legato ad una approssimativa vicinanza a Napoli, altri (forse i più) dell’antica Maleventum non conoscevano neppure l’esistenza.
Troppo lontana la vittoria su Pirro, le forche caudine e quanto di altro appartiene alla città sannita, desolatamente agli ultimi posti anche nelle classifiche della qualità della vita (anche se, ad onor del vero, ci sono segnali di risveglio e la posizione nel 2020 è la 79esima).
Poi, ad un certo punto della vita della città, irrompe il calcio di alto bordo e la conseguente esplosione mediatica che produce lo sport di massa più seguito in Italia.
Le telecamere si accendono sulla squadra e riverberano la loro luce sull’Arco di Traiano, sul Teatro Romano, sulla Chiesa di Santa Sofia, su tutto il patrimonio storico-culturale che è del capoluogo e pure sulle peculiarità, in primis quelle eno-gastronomiche, che prepotentemente -dalla provincia- avevano cominciato ad affacciarsi alla ribalta nazionale ed internazionale pagando, però, la tara della diffidenza verso qualcosa che non si conosce, che non si contestualizza e che hanno tratto giovamento, anche loro, dalle gesta calcistiche di Schiattarella e compagni, che hanno amplificato sui media il brand Benevento.
Per alcuni versi mi sembra di rivivere il déjà vu di una sonnecchiosa e sull’orlo dell’implosione industriale Torino che, con le Olimpiadi, riuscì a riposizionarsi nella dimensione di attrattiva turistico e culturale internazionale, godendone dei benefici sino ad oggi.
Fatte le debite proporzioni, l’esperienza calcistica è traino e volano (sempre a mio modestissimo parere) e fors’anche motivo di riscossa per un intero popolo dimenticato dalle infrastrutture, dalle piste di silicio, dai riflettori dei mainstream dell’informazione. Qualcosa si muove. Ieri sera Pippo Inzaghi era ospite alla Domenica Sportiva per parlare dei giallorossi, oltre alla squadra riecheggia Benevento che, se può essere modello sportivo, per assonanza potrebbe essere anche qualcosa di altro: sito per insediamenti produttivi, base per centri studi e di ricerca e tutto quanto non oso neppure sperare.
Benevento è area interna, dimenticata dai circuiti turistici, dagli investimenti e dalla programmazione statale, con un progressivo depauperamento demografico. Il modello “Benevento Calcio” ha aperto uno spiraglio, è dimostrazione tangibile che, con oculata programmazione ed investimenti mirati, potrebbe nascere, magari, un modello “B-Industria”, un altro “B-tecnologia e ricerca” e, forse, altri ancora.
Auspico l’emulazione, non un nuovo Rinascimento ma una presa di coscienza di un quadro di possibilità.
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La gente sannita è ricca di orgoglio e voglia di riscatto, mi piace pensare e sperare che, in un futuro più o meno prossimo, dal Nord saremo costretti ad emigrare al Sud.
Buon Benevento a tutti
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💛❤️💛
Da ieri sera sono un poco più tranquillo.
Sarà durissima, ci potrebbero essere inciampi, per qualche risultato recrimineremo ma la Strega si salverà.
Per due considerazioni che ho messo a fuoco in maniera indelebile non traendole dalla gara ma osservando il Bologna.
I felsinei conoscono un solo modo di giocare: attaccano. Non hanno capacità di soffrire. Sono forse più belli ed hanno nello arco (leggasi organico) qualche freccia in più ed esperienze migliori.
La squadra di SuperPippo è invece camaleontica.
Sa essere di lotta e di governo. Si adatta all’avversario e lo punge con l’istinto del killer. È difficile leggere una gara contro la Strega. Puoi trovarla asseragliata nella sua metà campo ad aspettarti dopo ribaltamenti fulminei a tu per tu con il tuo portiere, talvolta fa possesso palla ed altre volte ti provoca le apnee, per quanto ti pressa fino a togliere il respiro.
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E poi l’aspetto mentale. Questa squadra è forgiata nel titanio, oltre gli interpreti. SuperPippo sta cambiando, ruotando, sostituendo per le assenze, ma la squadra ha sempre una sua identità. E poi ha resistenza fisica e mentale, talvolta sa essere di lotta o di governo. Sa essere fulminea e si vede il grande lavoro svolto durante la settimana, ad esempio sulle palle inattive che sono uno strumento che, se bene sfruttato (perché allenato), produce frutti copiosi.
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Queste considerazioni valgono nella misura in cui si rapportano, ovviamente, alle squadre che giocano nel “nostro” campionato, contro le altre (Milan, Inter, Juve, Lazio, Roma…) si parte normalmente sconfitti, salvo riuscire a giocarsela se l’avversario ti sottovaluta.
Buon Benevento a tutti ⚽

La crisi del Toro non nasce oggi, l’iscrizione all’anagrafe è di almeno 12 mesi fa, se non prima.
Rimettendo a posto temporalmente gli eventi, ricordo la conquista dei preliminari di Europa League, la disputa degli stessi, un’indecorosa uscita, l’inizio della china.
In mezzo l’addio di Petrachi, i mal di pancia di Nkolou e poi Mazzarri (con lui allenatore la squadra è passata da avere una difesa quasi impenetrabile a colabrodo) e poi una salvezza per la quale, forse, si deve ringraziare il Covid.
In questo anno e mezzo il Toro è finito in una centrifuga.
Ha subito vari cortocircuiti.
Qualche shock.
Dall’altra parte una società che non sembra perseguire una linea logica e coerente. Ad oggi, ad esempio, il mercato è aperto da quasi due settimane, il Toro ha degli incontri decisivi, la società non acquista, perde tempo e punti.
Nel calcio le questioni economiche, è risaputo hanno altre valenze e prospettive. L’acquirente, soprattutto in caso di necessità, è difficile possa comprare come e a quanto vuole. Ma questo il presidente non lo ha ancora messo a fuoco. Così le gare passano ed i punti si perdono.
Più che il cambio del mister, valuterei la sostituzione del DS, andrei a rinforzare i quadri societari, investirei sulle strutture, cercherei un minimo di dialogo con la mia clientela, i tifosi.
Servono un regista, una mezzala, una seconda punta, forse un laterale di sinistra.
Forti, collaudati, con carattere.
E pure con questi sarà dura.