L’Umbria è stato l’ennesimo esame che il P.D. non è riuscito a passare. Non si tratta di preparazione. È mancanza di progettualità politica. Incapacità di rappresentare… Ma la domanda potrebbe essere quali istanze vengono rappresentate dell’azione del PD? Qual è la linea politica programmatica?
Domande a cui, forse, non sa rispondere neppure chi la “ditta” la dirige.
Anche chi non fa il politico di professione, all’indomani della sconfitta elettorale delle politiche, avrebbe auspicato un congresso, rifondativo, con al centro la definizione di cosa si volesse essere e di dove si volesse andare.
È stato eletto un nuovo segretario, sono state assegnate delle poltrone, è stata messa in atto una politica di opposizione poco incisiva.
Poi la scelta di unirsi ai 5S. Con un unico comune denominatore, frenare Salvini. Qual è il costo? Spropositato. L’elettorato non lo capisce. Non ha efficacia (come è stato dimostrato in Umbria), viene letto come una manovra per difendere le posizioni (leggasi poltrone).
C’è troppa confusione sotto il cielo della politica. Poca chiarezza, poche idee e confuse. A vantaggio di Salvini che esprime un concetto e mezzo, ribadendolo fino all’esasperazione.
Serve un congresso, rifondativo, magari sarebbe opportuno cambiare anche il nome per segnare una discontinuità e poi bisogna avere il coraggio di mettere in campo le forze migliori e non quelle che controllano più tessere. Un largo rinnovamento…
(Non si farà mai, quindi sarò costretto ad espatriare.
La mia ambizione era quella di non morire democristiano. Da oppositore della Lega forse posso ambire al paradiso.)