Ieri ho avuto una dimostrazione plastica del fatto che nella vita bisogna saper attendere.
I fatti.
Incontro un “ex” amico che non vedevo da un quinquennio circa.
“Ex” per motivi politici; un giorno si infurió per un post, da me scritto, che parlava di un certo movimento. Lo avevo intitolato qualcosa come: “Dopo la grande illusione, arriverà il brusco risveglio.”
Erano i tempi in cui a Roma e Torino “due giovani donne conquistavano i comuni, l’elettorato era maturo, l’ideatore del Vaffaday se la batteva con Gesù Cristo per la posizione di preferito da Dio, i “giornaloni” erano stati sconfitti e Travaglio era in attesa di beatificazione.”
Poco dopo, era il 2018, c’era pure il tesoretto del 33%.
🔜Arriviamo ad oggi.
L'”ex” mi ha detto: “abbiamo sbagliato tutto. Su Grillo meglio non esprimersi. Abbiamo perso Roma e Torino. In parlamento siamo stati, diciamo, ondivaghi. Siamo venuti meno a quasi tutti i nostri principi. Siamo diventati casta, esattamente come quelli che definivamo “morti che che camminano”, con i quali abbiamo fatto pure alleanza al governo.
In 5 anni tutto distrutto, tutto finito. Resistono in pochi, invasati, che pensano di essere ancora in guerra nella giungla.”
…..
Gli ho dato una pacca sulla spalla e gli ho detto che lo aspettavo, sapevo che prima o poi si sarebbe risvegliato dalla grande illusione che stava vivendo.
Non serve prendersela con i partiti che hanno consenso perché hanno una storia, hanno delle idee, hanno dei militanti. Il popolo non è bue secondo le proprie convenienze o la propria necessità di cercare delle giustificazioni.
Bisogna saper accettare le idee di chi la pensa (e lo testimonia con il voto nelle urne) in maniera diversa da noi.
Se a Torino ha vinto Lo Russo, l’Appendino non è stata neppure ricandidata e la Sganga non ha visto neppure con il binocolo il ballottaggio, vuol dire che la città non ha più creduto in quel movimento che in 5, lunghissimi, anni non ha saputo convincere (con i fatti!) della bontà di quella amministrazione.
Asfaltati, da quella stessa gente che ci aveva creduto.
E così a Roma. Ed alle prossime politiche ipotizzo lo stesso finale.
L'”ex” ha concluso dicendomi dell’incapacità dei suoi “ex” colleghi di movimento di fare una benché minima analisi, elaborare una autocritica, capire perché si è disperso un esagerato consenso elettorale. La triste chiosa: “continuiamo a dare le colpe ai giornaloni, ai poteri forti, abbiamo ancora nel cervello il “benaltrismo”, il Vaffa, pensiamo di essere immacolati quando si parla di questione morale…”
Gli ho suggerito di iscriversi al Partito di Bibbiano 🤭🤣🤣🤣

✍️Il popolo è sovrano ed ha premiato un altro candidato a Sindaco ed un’altra lista.

👉La fotografia di queste elezioni (a Trofarello) evidenzia due dati dati inconfutabili: il crollo della partecipazione alle urne, il paese spezzato (politicamente) in due e #NOI -forti di tre consiglieri- faremo valere, senza fare sconti, il nostro mandato.

Al netto di eventuali verifiche, la lista #NoiTrofarello ha perso di 11 voti, una inezia, lo 0,22%.

👉 Ovviamente grazie
⭕ a chi ci ha concesso fiducia (e pure a chi non ci ha votato, perché dovevamo essere ancora più incisivi “nell’arrivare a tutti”)
⭕ ad una squadra come non ne ricordo (e per motivi anagrafici campagne elettorali ne ho fatte più di una)
⭕ ad una candidata a Sindaca, #LauraSandrone che è riuscita a farci commuovere nella sconfitta (e non voglio immaginare cosa sarebbe successo se avessimo vinto)
❤️❤️❤️

🤭 Quando avevo letto dell’esonero di Conte ero felice perché pensavo si riferissero all’altro (quello del medio)


La scomposta, quanto livorosa, quanto verbalmente violenta reazione, dell’irrisolto Dibba affonda le sue radici in una scommessa persa o in un errore di valutazione.
Ho sempre pensato che nel 2018, alle ultime politiche, per evitare inutili competizioni (con gli allibratori totalmente schierati contro) con Giggino da Pomigliano, il Dibba abbia ritenuto più opportuno commutare il suo tempo libero nella scrittura e nell’artigianato. E non si ricordano ricche di trasporto o di attese (da lui) dimostrazioni di affetto, le comparsate durante le campagne elettorali post 2018.
Pensava di succedere, delfino autodesignatosi, al pomiglianese che si è dimostrato osso più duro e certamente meno commestibile di quanto osassero anche solo immaginare le fauci di Dibba.
La messa in discussione del vincolo del secondo mandato ha probabilmente torturato le notti di Dibba, senza neppure favorirne la vena autoriale (se è vero che dopo il tramonto del sole l’ispirazione si moltiplica) ma scatenandone non educati istinti che portarono alla tiratina di orecchie del Garante (con G maiuscola come l’iniziale del cognome).
Prima vennero i legaioli, poi i pidioti ed adesso tutti assieme appassionatamente. E l’unico braciato dal Draghi sembra essere il neanche più tanto Giovane Dibba, i cui dolori forse non sono nella perdita di identità del movimento o nella sconfitta dell’idea iniziale, sono personalissimi e legati alla sua ambizione.
Dibba ha visto il futuro allontanarsi e la strada interrompersi.
I 5S, pur adducendo motivazioni diverse, stanno arrivando alla conclusione che, a volte, c’è una sola soluzione. Per senso di responsabilità mi verrebbe da dire, più orgogliosamente per difendere le conquiste (!?!?) che hanno ottenuto, dicono loro.
E tutto ciò lascia un pugno di sabbia nelle mani di Dibba, che vorrebbe tagliare il Movimento anche senza il grissino.
Perchè “l’abbiamo famiglia” vale a tutte le latitudini politiche e Dibba cavalca l’onda, come ha sempre fatto e dimostrato (questo si) di saper fare ottimamente, della protesta e dell’opposizione.
Sta nascendo? Il PdDB potrebbe essere in gestazione.

“Non son d’accordo con il mister, sarà pienamente libero di votarlo, ma quello (Salvini, ndr) mi fa proprio schifo. Forte coi deboli, debole coi forti”.

“Mi dispiace anche che, in un paese come l’Italia che ha avuto il più grande partito comunista d’Europa, l’opposizione faccia ridere: la sinistra senza lotta di classe non é sinistra, chiamatela come volete. Me ne rendo conto nello spogliatoio che i tempi son cambiati, ogni tanto ci confrontiamo e sento qualche ragazzino chiamarmi boomer, o sento giovani richiedere il patentino di voto. Votare è un diritto per tutti, punto. Il resto è roba da classisti. Ma posso ancora comprenderli, son giovani”.

“Non capisco invece quale sia il ruolo del capitano della Lega, perennemente in giro a mangiare, dire due cagate e indossare maglie o cappellini legati ad un paese. Quando finirò di giocare mi piacerebbe entrare in politica. I primi che andrei a sentire gli operai in cassa integrazione, i precari, disoccupati, gli ultimi. La politica si fa dal vivo, non sui social”.