⭕Nella domenica in cui il nostro calcio si ferma per l’imbiancamento dei campi, ne approfittiamo per un bilancio pre-natalizio
Breve riassunto: dopo alcune stagioni al di sotto delle aspettative societarie, con salvezze conquistate sul filo di lana, la dirigenza del leone cambiava approccio filosofico, rinunciando all’usato sicuro per intraprendere una politica fatta di investimenti su giovani leve, preferibilmente del proprio settore giovanile, meglio se espressione di una territorialità che sa produrre buoni frutti.
Nasceva il San Giacomo 2.0
Toni Tedesco, presidente dalle mille risorse, operava d’anticipo ingaggiando il neofita (per il palcoscenico dei “grandi”) Enrico Chico Migliore, in uscita dal Chieri, che riempiva la casella alla voce allenatore ed Alberto Veglia, anch’egli alla ricerca di una nuova esperienza, dietro la scrivania del direttore sportivo.
Eravamo nel 2019.
Sembra un’era geologica fa.
Con una pandemia di mezzo che ha riscritto regole comportamentali, tracciato una linea indelebile tra quello che era e quello che stiamo provando a capire che sarà.
Entrambi uomini di poche parole, ma di tante relazioni, i due nuovi arrivati si mettevano subito al lavoro e nasceva una squadra inserita perfettamente nel solco tracciato dalla società: giovane e bella.
Queste due qualità spesso non si sposano alla perfezione con i risultati, ma alla lunga, sapendo aspettare, pagano.
E quest’anno si è avuta l’esatta percezione dell’enorme mole di lavoro svolto sotto traccia. E quindi dell’acutezza avuta da Veglia, il diesse, di inserire un tassello alla volta, in modo mirato, con un occhio alla sostenibilità economica e l’altro alla comprensione delle reali necessità del gruppo.
Della bravura dello staff tecnico che è stata anche quella di saper aspettare chi ha impiegato più tempo ad acclimatarsi nella categoria superiore proveniendo dalla Juniores, di aver visto la prospettiva di giocatori che potevano sembrare acerbi ma in realtà non lo erano, di aver compreso che dal serbatoio del settore giovanile si poteva attingere e valorizzare.
Ne è nata una formazione che ha patito ad inizio di campionato le numerose assenze con alcuni mezzi passi falsi, ma -da lì in poi- si è sostanziato un vero gruppo (monolitico verso l’esterno) che ha inanellato ben nove risultati utili consecutivi.
E poi bravo anche il mister ad adattare il dettame tattico al potenziale umano.
L’inedito 4-2-3-1 sublima innanzitutto le qualità dei tre fantasisti dietro a bomber Capone, grandi interpreti di un impianto a geometria variabile con movimenti ad allargare o a stringere a seconda dei momenti del match.
La compattezza difensiva e la muscolarità sposata con il senso euclideo del duo di centrocampo, rendono i leoncini squadra ostica per chiunque e con una prospettiva, ad oggi, difficile da intravedere.
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Questo nuovo orizzonte fatto di territorialità unito al senso di appartenenza coniugati con la prospettiva, si deve riverberare a cascata su tutte le formazioni di settore giovanile e scuola calcio, i cui giocatori possono essere certi di fare parte di un progetto verticale con vista sulla prima squadra e oltre, come è stato il caso di Gabriele Balan, approdato con ruolo da protagonista al Chieri in serie D.